Abbiamo sempre vissuto nel castello – Shirley Jackson

Traduzione di Monica Pareschi
Adelphi
181 pagine

Ero convinta che fosse un libro horror. Nonostante sapessi che non lo fosse, non sono riuscita a togliermi dalla mente quest’idea neanche durante la lettura, da quando sulla quarta di copertina ho letto il nome di Stephen King. Questo perché nomina l’autrice nella dedica di un suo libro: “A Shirley Jackson, che non ha mai avuto bisogno di alzare la voce”.
Se non è un horror, che cos’è? Non trovo facile definirlo, potremmo dire che è un libro che parla del male. Puro e semplice male, senza esagerazioni e caricature.
A raccontarci questa storia (pubblicata la prima volta nel 1962) è Mary Katherine Blackwood, giovane ragazza che vive con la sorella Constance e lo zio Julian nella casa di famiglia, circondata da un vasto terreno. Solo Mary Katherine si avventura all’esterno della proprietà per svolgere le commissioni necessarie, trascorrendo anche lei il resto del tempo a casa. La loro vita trascorre in questo modo da sei anni, cioè da quando gli altri famigliari sono morti avvelenati dopo cena.
L’isolamento è forzato, ormai quasi nessuno vuole avere a che fare con loro, ma è anche l’unico modo per proteggersi dagli sguardi della gente e dal loro atteggiamento. Quest’incantesimo è destinato a spezzarsi con l’arrivo del cugino Charles e le conseguenze non sono prevedibili.
Fin dall’inizio ho provato una certa inquietudine, come se ci fosse una terribile verità dietro quelle morti, e in seguito è cresciuto anche il disagio scatenato dai comportamenti delle persone. Cosa si nasconde dietro a quello che Mary Katherine, e noi di conseguenza, non conosce o non comprende? Troveranno risposta le domande chi, come, perché?

Non aspettatevi grandi spaventi o clamorosi colpi di scena. Quello che proverete sarà più sottile e indefinito. Si anniderà dentro di voi poco a poco, pagina dopo pagina. Vi renderete conto di provare un fastidio quasi fisico, fino ad avvertire la necessità di interrompere la lettura. Alla fine però tornerete da Mary Katherine, inesorabilmente trascinati dal bisogno di sapere, incuranti della sensazione di malessere che provate.

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